Concordato preventivo: rilevanza ai fini IRAP delle plusvalenza da cessione di marchio d’impresa

In risposta ad un interpello posto da una società soggetta a procedura di concordato preventivo liquidatorio, l’Agenzia delle entrate ha espresso il proprio parere in merito all’eventuale rilevanza ai fini dell’IRAP della plusvalenza realizzata a seguito della cessione di un marchio d’impresa (Agenzia delle entrate, risposta 31 gennaio 2024, n. 27).

L’articolo 160 del Regio decreto n. 267/1942 stabiliva che l’impresa in stato di insolvenza aveva la possibilità di proporre ai creditori un concordato preventivo volto alla ristrutturazione dei debiti e al soddisfacimento dei creditori stessi anche mediante la cessione dei beni d’azienda.

Tale concordato preventivo è oggi regolato dall’articolo 84 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

 

Attualmente ai fini della determinazione della base imponibile IRES, per espressa previsione legislativa, la cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo non comporta il realizzo di eventuali plusvalenze o minusvalenze.

L’Agenzia delle entrate osserva che, ai fini IRAP, il principio generale che sorregge il sistema dell’imposta, così come ridisegnato dalla legge finanziaria 2008, è quello della “presa diretta da bilancio” delle voci espressamente individuate e considerate rilevanti ai fini impositivi, senza il riconoscimento delle variazioni fiscali effettuate ai fini delle imposte sul reddito.

 

In relazione alle società di capitali, tra le quali è riconducibile l’istante, la base imponibile è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione, di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 c.c., con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), nonché dei componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio.

 

Per quanto riguarda la concorrenza ai fini della determinazione del valore della produzione netta imponibile ai fini IRAP delle plusvalenze realizzate a seguito della cessione di beni strumentali, la circolare n. 27/2009 ha già avuto modo di chiarire che non sarebbe coerente un sistema in cui assumono rilievo le plus/minusvalenze derivanti dalla cessione di immobili patrimoniali e non anche quelle derivanti dalla cessione dei beni strumentali che ordinariamente partecipano al processo produttivo. Né si può trascurare la circostanza che le componenti reddituali che si contabilizzano in sede di realizzo dei beni strumentali sono indirettamente collegate a costi che hanno concorso alla formazione della base imponibile IRAP nei periodi d’imposta precedenti, attraverso quote di ammortamento.

Un’interpretazione di tipo sistematico porta, in definitiva, a ritenere pienamente rilevanti le plusvalenze e le minusvalenze emergenti in sede di realizzo dei beni strumentali.

 

In particolare riguardo ai marchi d’impresa, l’articolo 5, comma 3, ultimo periodo, del D. Lgs. n. 446/1997, espressamente riconosce la rilevanza ai fini del tributo regionale dei costi d’acquisto. A ciò va aggiunto che nell’ambito della disciplina IRAP non sono previste specifiche disposizioni relative alla determinazione del valore della produzione in relazione a operazioni realizzate in attuazione di un concordato preventivo.

Pertanto, l’Agenzia ritiene che in relazione ai componenti reddituali derivanti da queste operazioni trovi applicazione l’ordinaria disciplina IRAP, tranne nel caso in cui­ derivino da operazioni di cessione d’azienda.

 

Nel caso di specie, dunque, la plusvalenza realizzata a seguito della cessione del solo marchio d’impresa avvenuta nell’ambito di concordato preventivo assume rilevanza ai fini IRAP secondo le regole ordinarie, stante la sua classificazione contabile nella voce A.5) del conto economico.

Gestori di piattaforme digitali: prorogato il termine per la comunicazione dati

L’Agenzia delle entrate ha reso nota la proroga del termine per adempiere allo scambio automatico delle informazioni nel settore fiscale, relative all’anno 2023, a carico dei gestori delle piattaforme online (Agenzia delle entrate, provvedimento 30 gennaio 2024, n. 22931).

Il D.Lgs. n. 32/2023 ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2021/514 del Consiglio (Direttiva “DAC 7”) che ha modificato la direttiva 2011/16/UE del Consiglio per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale.

In particolare, la direttiva (UE) 2021/514 del Consiglio ha introdotto lo scambio automatico obbligatorio di informazioni tra Stati e tra gestori di piattaforme digitali e amministrazioni.

 

Con il provvedimento del 20 novembre 2023, n. 406671, sono state poi definite le modalità e i termini entro cui i gestori di piattaforma tenuti alla comunicazione
devono trasmettere le previste comunicazioni all’Agenzia delle entrate.

 

A seguito di segnalazione da parte di diversi gestori di piattaforma, sia residenti sia non residenti, in merito a difficoltà tecniche e interpretative che influiscono sul rispetto delle scadenze di comunicazione previste, l’Agenzia delle entrate è intervenuta sui termini all’interno del punto 7 del predetto provvedimento del 20 novembre 2023.

 

Pertanto, il termine per comunicare i dati relativi alle proprie vendite on line realizzati tramite siti ed app relative all’anno 2023, inizialmente fissato al 31 gennaio 2024, è stato prorogato al 15 febbraio 2024.

 

Oltre a tale proroga, è stata anche resa esplicita la possibilità di effettuare le comunicazioni direttamente o tramite i soggetti incaricati di cui ai commi 2-bis e 3 dell’articolo 3 del d D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.

Accordi di ristrutturazione debiti: disposizioni sugli adempimenti in materia di transazione

L’Agenzia delle entrate ha emanato disposizioni inerenti gli adempimenti in materia di transazione, di cui all’articolo 63 Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti (Agenzia delle entrate, provvedimento 29 gennaio 2024, n. 21447).

Per le proposte di transazione fiscale aventi ad oggetto tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, formulate nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 63 del D.Lgs. n. 14/2019, recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, l’adesione alla proposta è espressa con la sottoscrizione dell’atto negoziale da parte della competente Direzione provinciale o regionale, su parere conforme dell’Ufficio tutela del credito erariale e gestione delle crisi aziendali della Direzione centrale piccole e medie imprese.

 

La competenza a rendere il parere conforme riguarda le proposte di transazione fiscale che prevedono una falcidia del debito originario, comprensivo dei relativi accessori, così come indicato nella proposta presentata dal debitore, superiore al 70% e, contestualmente, all’importo di euro 30.000.000 (trenta milioni).

 

Il provvedimento n. 21447/2024, dunque, è stato emanato in attuazione di quanto disposto dall’articolo 1-bis, comma 1, secondo periodo, del D.L. n. 69/2023, come modificato dall’articolo 4-quinquies, comma 5, del D.L. n. 145/2023, secondo cui nei casi in cui l’adesione alla proposta di transazione abbia ad oggetto tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate e preveda una falcidia del debito originario, comprensivo dei relativi accessori, superiore alla percentuale e all’importo definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, il parere conforme di cui all’articolo 63, comma 2, terzo periodo, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è espresso, per l’Agenzia delle entrate, dalla struttura centrale individuata con il medesimo provvedimento.

 

Il successivo comma 6 del citato articolo 4-quinquies del D.L. n. 145/2023 rimette sempre al provvedimento il compito di individuare la decorrenza delle disposizioni di cui al comma 5, che comunque si applicano alle proposte di transazione espresse a partire dal 1 febbraio 2024.

 

Il provvedimento individua dunque:

  • la struttura centrale cui è devoluta la competenza ad esprimere il parere conforme di cui all’articolo 63, comma 2, terzo periodo, del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. n. 14/2019;

  • la soglia percentuale ed in valore assoluto della falcidia del debito originario proposta, al di sopra della quale il predetto parere è espresso dalla struttura centrale individuata;

  • la decorrenza delle nuove disposizioni.

Corretto utilizzo della Sezione D nelle note di trascrizione, di iscrizione e nelle domande di annotazione

L’Agenzia delle entrate ha fornito alcune prime indicazioni specifiche e concretamente applicabili nell’ambito del sistema della pubblicità immobiliare a tutela dei diritti in materia di protezione dei dati (Agenzia delle entrate, circolare 29 gennaio 2024, n. 1).

Il vigente sistema di pubblicità immobiliare ha una funzione di conoscenza dei dati relativi ai beni immobili e di tutela dell’affidamento dei terzi, in un’ottica di garanzia per la corretta circolazione dei medesimi.

In base alle disposizioni contenute nel libro VI del Codice civile, al fine dell’esecuzione di una formalità (trascrizione, iscrizione, annotazione) nei registri immobiliari devono essere presentati al conservatore il titolo, in originale o in copia autenticata, recante l’evento giuridico da pubblicare e la relativa nota ove devono essere indicati gli elementi e le menzioni espressamente previsti dal legislatore.

 

Il titolo potrebbe contenere informazioni e dati non strettamente necessari o addirittura ultronei rispetto alle esigenze garantite dal sistema della pubblicità immobiliare, ma comunque accessibili da parte di chiunque ispezioni i registri, in questo evidenziando profili di mancata armonizzazione della disciplina in materia di pubblicità immobiliare con quella successiva relativa alla protezione dei dati personali, dettata dal Regolamento (UE) 2016/679 e dal D.Lgs. n. 196/2003. Parimenti, anche la nota può riportare elementi non necessari alla pubblicità immobiliare e liberamente conoscibili da parte di chiunque.

Con specifico riferimento alle note, l’Agenzia rammenta che, con l’automazione dei servizi di pubblicità immobiliare avviata dalla Legge 27 febbraio n. 52/1995, esse sono redatte su appositi modelli specificatamente approvati.
In coerenza con tali modelli e da utilizzarsi a pena di rifiuto, le note sono, allo stato attuale, formate da quattro sezioni:

  • la “sezione A”, riportante i dati relativi al titolo presentato per l’esecuzione della formalità (identificativi dell’atto, autorità emanante, ecc…);

  • la “sezione B”, riportante i dati relativi agli immobili relazionati nella formalità (sostanzialmente, gli identificativi catastali degli immobili);

  • la “sezione C”, riportante i dati relativi ai soggetti presenti nella formalità (identificativi dei soggetti e rispettivi diritti relazionati sugli immobili oggetto di formalità);

  • la “sezione D”, riportante eventuali altre informazioni, non codificabili nelle precedenti sezioni, ritenute ugualmente necessarie per una compiuta pubblicità immobiliare nonché le informazioni previste ai fini dell’esecuzione della voltura catastale automatica.

Nelle prime tre sezioni (A, B e C), si devono indicare dati corrispondenti a quelli richiesti dalla legge a pena di rifiuto (art. 2674 c.c.). Tali dati possono ritenersi lecitamente indicati, anche sotto il profilo della protezione dei dati personali, in quanto riportati in presenza di un’adeguata base giuridica rappresentata dall’obbligo normativo di indicazione imposto in materia di “tenuta di registri pubblici relativi a beni immobili”.
La sezione D della nota è costituita, invece, da un campo integralmente libero, utilizzabile per l’indicazione di eventuali altre informazioni ritenute necessarie ai
fini di una compiuta pubblicità immobiliare e quindi rimesso, nella sua compilazione, alle relative valutazioni effettuate dalla parte richiedente.

 

Alla luce dei principi di autosufficienza e autoresponsabilità della nota elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, la stessa deve essere “autoconsistente” sotto il profilo della funzione pubblicitaria e la responsabilità verso i terzi ricade sul soggetto che richiede la formalità relativamente ad un determinato atto, redigendone (o facendo redigere) la nota in un certo modo e con un apposito contenuto.

Secondo l’Agenzia è da escludersi che tale responsabilità possa ricadere sul conservatore, il quale è chiamato dall’ordinamento a svolgere controlli esclusivamente di tipo formale.
Tali principi generali della nota ancor più paiono riferibili ai dati riportati nella sezione D, proprio in quanto l’indicazione di tali dati è rimessa alla esclusiva disponibilità e valutazione della parte richiedente che ne cura la compilazione.

 

La sezione D delle note, appare, dunque, l’ambito su cui concentrare l’attenzione, ai fini del rispetto dei principi di liceità e minimizzazione nel trattamento dei dati personali.
Al riguardo, l’Agenzia delle entrate sollecita le categorie interessate (notai e altri pubblici ufficiali, avvocati, uffici giudiziari, istituti di credito, ecc..) e i soggetti che predispongono le richieste di formalità ad avere cura di utilizzare la sezione D del modello di nota per l’indicazione delle sole informazioni specificamente previste da documenti di prassi e/o necessarie ai fini di una compiuta pubblicità.

In particolare, occorre che la sezione D non venga impropriamente utilizzata per riportare informazioni eccedenti rispetto alle finalità del trattamento, come nel caso dei dati personali eventualmente presenti nell’atto ma non utili alla pubblicità stessa.

Servizio bar-tavola fredda e servizio mensa universitaria: aliquota IVA applicabile

L’Agenzia delle entrate si sofferma in materia di aliquota IVA applicabile al servizio bar-tavola fredda e servizio mensa universitaria affidati in concessione ad un’azienda nel settore della somministrazione di alimenti e bevande (Agenzia delle entrate, risposta 26 gennaio 2024, n. 19).

Il n. 37) della Tabella A, Parte II, allegata al Decreto IVA prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 4% alle somministrazioni di alimenti e bevande effettuate nelle mense aziendali ed interaziendali, nelle mense delle scuole di ogni ordine e grado, nonché nelle mense per indigenti anche se le somministrazioni sono eseguite sulla base di contratti di appalto o di apposite convenzioni.

 

In riferimento alle mense universitarie, la circolare n. 328/E/1997 del MEF ha già avuto modo di chiarire che queste sono assimilate alle mense scolastiche. Pertanto, la predetta aliquota del 4% spetta anche alle somministrazioni di alimenti e bevande effettuate all’interno delle mense universitarie, indipendentemente dal soggetto che le eroga.

 

Con riferimento al caso di specie, dai documenti allegati all’interpello si desume che l’istante:

  • si obbliga a fornire un servizio bar-tavola fredda;

  • si obbliga ad avviare presso la struttura in concessione, oltre al servizio inerente al bar-tavola fredda, anche un servizio di somministrazione piatti caldi rivolto a tutti, anche agli studenti titolari di badge universitario con servizio mensa agevolato;

  • ha facoltà di svolgere ulteriori servizi, quale quello di catering.

Sono dunque tre le tipologie di prestazioni di servizi previste dai documenti, di cui due obbligatorie.

Alla luce di tali pattuizioni, l’Agenzia ritiene che l’affidamento in concessione all’istante del servizio di bar-tavola fredda (l’unico attualmente attivo), non presenti le caratteristiche per essere qualificato somministrazioni di alimenti e bevande effettuate, nelle mense delle scuole di ogni ordine e grado, trattandosi di prestazioni oggettivamente diverse.

A tale servizio, dunque, è applicabile l’aliquota IVA del 10% prevista dal numero 121) della Tabella A, Parte III, allegata al Decreto IVA, per le somministrazioni di alimenti e bevande, anche mediante distributori automatici.

 

Conclusioni diverse valgono per il servizio di mensa universitaria (non ancora attivato dal concessionario) consistente nella somministrazione piatti caldi rivolto a tutti, anche agli studenti titolari di badge universitario con servizio mensa agevolato.

Le Entrate ritengono che questa fattispecie presenti le caratteristiche proprie di un servizio di mensa scolastica, con diversi menù e prezzi prestabiliti, comprensivi di bevande e di uno o più piatti, caldi o freddi, per la cui fruizione l’utente deve esibire il badge universitario, che diventa così lo strumento identificativo dell’avente diritto al pasto. Pertanto, tale servizio di mensa potrà beneficiare dell’aliquota IVA agevolata del 4% sia nel rapporto utente-concessionario, sia nel rapporto concessionario concedente.

 

Infine, l’Agenzia precisa che le somministrazioni di pasti rese nei confronti di soggetti diversi dagli utenti muniti di badge sono da assoggettare all’aliquota IVA del 10% perché effettuate in assenza dei presupposti di cui al n. 37) della Tabella A, parte II, allegata al Decreto IVA.